Durante la metà del XVIII secolo i Dulcken furono la più illustre famiglia fiamminga di produttori di clavicembali ad Anversa. I loro clavicembali ricordano i clavicembali francesi del XVIII secolo, ma sono molto più lunghi. Strumento davvero importante per sue dimensioni generose e il suono regale, ricco e potente, il nostro clavicembalo (opera di Colzani-Vismara) copia da Johannes Daniel Dulcken (1750 ca) è un clavicembalo molto versatile e particolarmente adatto per suonare l'intero repertorio nordeuropeo.
Opera di Gerrit Klop, il Clavicordo dell’Accademia ricalca lo strumento che le cronache del settecento descrivono come il più raffinato tra gli strumenti a tastiera. Dall’emissione sonora molto discreta è però dotato di dinamica e soprattutto - caso unico tra tutti gli strumenti da tasto e per questo così amato - della possibilità di produrre il vibrato, che è generalmente chiamato con il termine tedesco di Bebung.
Carlo Grimaldi, fu considerato uno dei migliori costruttori italiani tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo. Mantiene quella reputazione tutt'oggi, anche se solo due dei suoi strumenti sono sopravvissuti. Ma questi clavicembali lunghi e sottili, con la loro forma aggraziata, sono tra gli esempi più belli ed eloquenti di clavicembalo italiano che ci siano rimasti, con un suono caldo e potente ed una qualità vocale che lo rende adatto per il continuo e la letteratura solistica italiana. L’esemplare dell’Accademia è opera dei costruttori Colzani-Vismara.
Anton Walter fu produttore di strumenti ben noto nei circoli aristocratici e tra i musicisti del suo tempo, come dimostra il suo elenco di clienti. La corte di Vienna aveva quattro suoi fortepiano; Mozart, e Beethoven ebbero pure suoi strumenti, sempre elogiati per il loro bellissimo suono. Il fortepiano dell’Accademia, opera del noto e pluripremiato costruttore americano Keith Hill, è una bellissima copia di un esemplare del 1790.
Il nostro virginale è una copia (opera di Colzani- Vismara) di uno strumento di Andreas Ruckers, appartenente alla famiglia dei celeberrimi costruttori sempre di Anversa e predecessori dei Dulcken, realizzato nel 1620 ed è un cosiddetto virginale-muselar. Tali strumenti hanno sempre le loro tastiere sul lato destro. Le corde sono pizzicate al centro dello strumento, il che conferisce al basso una forte fondamentale e allo strumento un suono chiaro ma allo stesso tempo caldo e dolce, nel gusto dell’arpa e del liuto.
Il Clavicembalo italiano, da Anonimo del XVIII secolo (opera di Colzani-Vismara) è uno strumento facile da maneggiare, compatto nelle dimensioni e nel peso e mantiene le caratteristiche sonore tipiche degli strumenti italiani: ricco, cristallino e potente. L'estensione della tastiera consente l'esecuzione di un repertorio molto ampio e l’estrema maneggevolezza - che non compromette il suono - lo rende molto utile per la realizzazione del continuo con strumenti e orchestre.
Il clavicembalo traverso opera di Giovanni Ferrini e datato 1731, conservato presso l’Accademia Gherardeschi di Pistoia, è uno dei tre strumenti di questo tipo attualmente conosciuti, insieme con i suoi consimili conservati rispettivamente a Lipsia nel Musikinstrumenten Museum, Karl-Marx- Universität e Washington, Smithsonian Institution, National Museum of American History, Kenneth E. Behring Center. Restaurato e perfettamente funzionante offre agli studenti e ai visitatori dell’Accademia la possibilità emozionante di sperimentare repertorio - di preferenza italiano - su uno strumento storico e dalla voce unica.
Il fortepiano a coda Carl Bowitz (Wien, databile tra il 1825 e il 1837) è lungo 2242 mm e largo 1320 mm, e ha un'estensione di 6 ottave e mezza, Do0-Sol6. La cassa è impiallacciata in mogano con delle filettature in acero che corrono lungo il perimetro del coperchio, il somiere è lustrato in acero. Il ponticello, in acero, è diviso per le prime 5 coppie di corde avvolte e per le seguenti 13 triadi in ottone. Le restanti triadi sono in ferro. La tavola armonica è in legno d'abete con la grana parallela alla fascia lunga. Sul somiere nella zona dei bassi presenta la seguente scritta ad inchiostro “Med(?)osi via Belsiana 70”.
Lo strumento ha una meccanica di tipo viennese con i martelli ricoperti da 4 strati di pelle di ovino, più uno strato in un tessuto a trama molto spessa di colore verde, ed infine ancora una pelle di ovino per quasi tutta l'estensione.
Nelle ultime 2 ottave i martelli sono tutti ricoperti con 3-4 strati di pelle.
I tasti diatonici sono in avorio e i cromatici sono in pero tinto di nero ricoperti in ebano.
Lo strumento ha una lira con 2 pedali: il primo di sinistra aziona l'una corda che sposta la tastiera verso destra, permettendo al martello di colpire 2 corde invece di 3, il secondo alza la stecca degli smorzatori, permettendo la libera vibrazione delle corde.
Ambedue i registri sono azionati da un meccanismo di leve lignee all'intero del vano tastiera.
Lo strumento ha 3 gambe tornite provviste di ruote.
La preziosa raccolta di antichi strumenti a fiato dell’Accademia è composta da quattro flauti traversi e un oboe, tutti risalenti alla prima metà del Settecento e tutti opera di alcuni tra i costruttori più celebri dell’epoca.
Nel dettaglio la raccolta è composta da:
Flauto traverso Joannes Hyacinthus Rottenburgh, (Brussels, 1672-1756) – datazione: 1720 circa.
Flauto traverso Carlo Palanca – (1690-1783) – datazione: metà XVIII secolo.
Due Flauti traversi d’amore Isotta (uno incompleto) – datazione: prima metà del XVIII secolo.
Ad oggi si conoscono solo tre strumenti Isotta in tutto il mondo e due sono gli esemplari pistoiesi.
Oboe Giovanni Maria Anciuti – (Forni di Sopra, Udine, 1674 – Milano, 1744) – datato 1725.
Tutti gli strumenti – tranne i due flauti d’amore Isotta – sono in perfette condizioni. Il flauto Rottenburgh è tra gli esemplari più belli al mondo attualmente pervenutici.
Dopo una attenta valutazione e analisi dello stato di conservazione gli strumenti sono stati ripuliti e ripristinati per l’utilizzo.
Nella seconda metà del Seicento venne realizzato ad opera dell'organaro fiammingo Willem Hermans, anch'egli padre gesuita e per volere di Papa Rospigliosi, l'organo che con la sua decorazione a foglie d'oro orna la parete sinistra della navata della Chiesa di S. Ignazio di Loyola.
Quest'organo è celebre a Pistoia non soltanto per i suoi straordinari timbri, il valore artistico e la perizia del suo costruttore, ma soprattutto per l'influenza che ebbe sui maestri organari della città. Pistoia infatti vanta una tradizione di grande rilievo nell'arte organaria.
Dal Settecento fino agli inzi di questo secolo le famiglie Tronci e Agati hanno costruito un centinaio di strumenti oggi presenti nelle maggiori chiese e nei più grandi teatri di tutto il mondo.
Nella stessa chiesa Clemente IX Rospigliosi commissionò anche la costruzione di un secondo organo di fronte al primo, ma questo non fu mai realizzato (vennero realizzate solamente la cantoria e la facciata).
Il progetto, con varie aggiunte e modifiche, è stato ripreso in considerazione solo ai nostri giorni ed è stato affidato a Glauco Ghilardi, organaro lucchese, che lo ha completato nel 2008.
Lo strumento, ispirato agli organi barocchi tedeschi, ha due tastiere di 48 note ciascuna ed una pedaliera di 26. Come l’Hermans è a trasmissione meccanica. I due organi sono stati intonati allo stesso diapason così da poter suonare a due organi.
Accademia Internazionale dʼorgano e di musica antica Giuseppe Gherardeschi - Pistoia email: info@www.accademiagherardeschi.org
Per informazioni specifiche sui corsi e gli strumenti: info@ilrossignolo.com